domenica 30 gennaio 2011

La parola di oggi è ...

scontrino

n.m. [pl. -i] biglietto di ricevuta che attesta l’adempimento di un obbligo o dà diritto a una prestazione: munirsi dello scontrino alla cassa 


 Deriv. di (ri)scontro.


Sin. ricevuta, marca, contromarca, tagliando, talloncino, cedola.

sabato 29 gennaio 2011

Ecco la ricetta della Pizza Margherita

Ingredienti

- 450 grammi di pomodori maturi
- 300 grammi di mozzarella
- foglie di basilico
- origano
- sale  
 
Preparazione
Completa usando l’Imperativo (voi):
Dopo aver preparato e fatto riposare l’impasto per la pizza ________ (stendere-voi)la pasta in una teglia unta d’olio e __________(mettere-voi) sulla superficie i pomodori pelati e schiacciati preventivamente con una forchetta, ______(salare-voi) leggermente e ________(lasciare-voi) riposare il tutto per una ventina di minuti.
Trascorso il tempo di riposo, _________(infornaterla-voi) per trenta minuti a forno preriscaldato a 250°, poi ___________(coprirla-voi) con la mozzarella tagliata a fette sottilissime, _________(condirla) con un filo d’olio, con le foglie di basilico e una spolverata di origano.
Infine __________(infornare-voi) di nuovo il tutto a forno caldo per dieci minuti.

La pizza Margherita

STORIA DELLA PIZZA MARGHERITA

 Ricetta e scheda della pizza Margherita
Tra tutte le pizze la PIZZA MARGHERITA è certamente una delle più conosciute e apprezzate nel mondo.
La classica base, il pomodoro, la mozzarella, la fragranza del basilico e un filo d'olio: cosa c'è di più sano e mediterraneo della PIZZA MARGHERITA ?
Per chi non lo sapesse, la PIZZA MARGHERITA nasce a Napoli dall'inventiva del grande Pizzaiolo RAFFAELE ESPOSITO. In occasione di una visita della Regina d'Italia, Margherita appunto, moglie di Re Umberto primo l'Esposito pensò ad una pizza che celebrasse la recente Unità d'Italia sotto i Savoia e per fare questo volle richiamare attraverso i colori dei semplici ingredienti pomodoro, mozzarella e basilico, la bandiera tricolore.
La Regina, e non solo lei!, apprezzò talmente la pizza che da quel momento la ricetta assunse il suo nome e oggi è uno dei prodotti alimentari italiani più conosciuti al mondo. 
Da pizza bay.it

150 anni dell'Unità d'Italia- Un po' di storia

L'unità d'Italia
Unità Italia: L'Italia dopo la rivoluzione del 48 fu segnata dall'arresto di ogni spirito riformatore a cui conseguì un arresto economico e politico. In quasi tutti gli Stati (Lombardo Veneto, Granducato Toscana, ducato Modena e Parma, Stato Pontifico, Regno 2 Sicilie) furono restaurati i vecchi sistemi assolutistici a opera di Austriaci, Borboni, Papa a discapito dell'evoluzione industriale il che portò a un'arretratezza dell'istruzione e delle opere pubbliche. Diversa era la situazione in Piemonte dove sopravvisse la costituzione dello Statuto Albertino. Dopo la guerra con l'Austria il Piemonte dovette pagare una grande indennità di guerra, senza subire mutilazioni territoriali ma la Camera rifiutò dapprima di approvare questa risoluzione. La corona e il governo, presieduto da Massimo d'Azeglio, sciolsero la camera e invitarono gli elettori a nominarne un'altra più moderata: così fu e la pace con gli Austriaci fu accettata. D'Azeglio portò così avanti l'opera di modernizzazione dello Stato già avviata negli ultimi anni di Carlo Alberto, riordinando per esempio i rapporti tra stato e chiesa. Emerse nella maggioranza liberal-moderata la figura del conte Camillo Benso di Cavour, aristocratico uomo d'affari, diretto de "Il Risorgimento". Era imbevuto di ideali conservatori, di un'intraprendenza borghese e di un liberalismo moderato, lontano dai democratici ottocenteschi. Secondo lui la tendenza verso un maggior allargamento delle basi dello Stato doveva essere attuata con gradualità e incanalata in un sistema monarchico costituzionale fondato sulla libertà individuale e sulla proprietà privata. Cavour fece parte del governo D'Azeglio nel 1850 e divenne ministro dell'Agricoltura. Quando il presidente si dimise per contrasti col re Cavour fu incaricato di formare il nuovo governo, creando un accordo tra l'ala della maggioranza progressista e i moderati di sinistra, formando così un "centro" (con il cosiddetto connubio) che relegava all'opposizione le due ali più radicali: i clericali conservatori e i democratici più intransigenti. Fece propria la politica antiaustriaca e fece in modo che la vita del Governo dipendesse si dalla fiducia del sovrano, ma anche dalla maggioranza in parlamento. Come presidente del consiglio sviluppò l'economia italiana in modo da integrarla in un contesto europeo: assunse una linea liberoscambista (trattati con Francia, Belgio, Austria e G.B.), abolì i dazi, e eliminò le barriere doganali. Fece progredire anche le opere pubbliche come strade, canali, porti (Genova) e soprattutto ferrovie che stimolarono la crescita dell'industria siderurgica e meccanica. Si sviluppò anche l'industria della seta, un sistema di banche, di collegamenti con l'Europa (frejus) e il commercio con l'estero che portò il Piemonte all'avanguardia. Inoltre molti esuli politici si stabilirono in Piemonte dando un importante spinta alla vita intellettuale dello Stato. Nei primi anni del suo governo Cavour mirava non all'unità d'Italia ma all'allargamento del Piemonte verso il nord a scapito dei domini austriaci. Prima prerogativa fu avvicinare il Piemonte all'Europa più moderna, trasformandolo in potenza Europea. In questa direzione nel 1855 il Piemonte si unì alla Francia e all'Inghilterra nella guerra contro la Russia (18.000 uomini al comando di La Marmora in Crimea) e ottenne così la partecipazione alla conferenza di Parigi nel 1856 portando la questione italiana: Cavour protestò contro la presenza austriaca nelle zone pontefice e si lamentò del malgoverno dello stato della chiesa e delle due Sicilie causa tensioni rivoluzionarie perenni, che potevano intaccare l'equilibrio europeo. Questo congresso fu però avaro di risultati. Era così necessario sia mantenere viva la fiamma patriottica sia assicurarsi l'alleanza dell'unica potenza Europea interessata al cambiamento dello status quo: la Francia di Napoleone III con la quale, grazie all'attentato all'imperatore di un mazziniano, Orsini, Cavour riuscì a allearsi nel 1858. Gli accordi prevedevano una nuova spartizione Italiana: un regno settentrionale comprendete Piemonte, Lombardo Veneto e Emilia Romagna, sotto la casa Sabauda (in cambio di Nizza e Savoia), un regno centrale formato dalla Toscana e dalle province pontificie e un regno meridionale coincidente con le 2 Sicilie liberate però dalla dinastia borbonica. Al papa sarebbe stata offerta la presidenza della Confederazione Italiana. Dietro questi progetti stavano 2 diverse ambizioni. Quella di Napoleone che mirava a assoggettare l'Italia e quella di Cavour che, pur mostrandosi accondiscendete, contava sulla forza d'attrazione del Piemonte rispetto agli altri stati italiani. Il governo piemontese cercò di far salire la tensione degli austriaci, muovendo masse di soldati al confine, armando corpi volontari. Furono così gli austriaci a creare il casus belli, intimando il ritiro delle truppe dal confine nel 1859. Cavour respinse l'ultimatum e scoppiò così la guerra: gli austriaci furono sconfitti a Montebello e mentre Garibaldi combatteva nel Nord della Lombardia il grosso dell'esercito Franco piemontese sconfisse gli austriaci a Magenta: furono respinti due attacchi austriaci sanguinosissimi a San Martino e Solferino. Napoleone decise di interrompere gli scontri a causa della pressione pubblica francese, impressionata dai costi umani e finanziari della guerra, della possibilità di un intervento della confederazione germanica a fianco dell'Austria, e di firmare l'armistizio a Villafranca: gli austriaci rinunciavano alla Lombardia (che sarebbe stata girata all'Italia) mantenendo però il veneto. L'armistizio colse di sorpresa lo stesso Cavour che si dimise per La marmora. A questo seguirono numerosi moti a Firenze, Modena, Parma, Stato della Chiesa tutti saldamente controllati. Cavour, tornato al governo nel 1860, negoziò come pattuito Nizza e Savoia in cambio del consenso francese per le annessioni nell'Italia centrale: Emilia Romagna e Toscana con il plebiscito decisero di annettersi. Lo stato sabaudo divenne così Stato nazionale: ciò accontentava i moderati e Cavour ma non i democratici pronti a rilanciare l'iniziativa nel Mezzogiorno e in particolare la Sicilia, in lotta con il governo napoletano. Crispi e Pilo, due mazziniani, cercarono di creare una rivolta locale prima dello sbarco dei volontari e di garantirsi un'efficiente guida politica e qualche appoggio piemontese. Nel 1860 un'insurrezione popolare scoppiò a Palermo: Pilo si precipitò in Sicilia per capitanare il moto, represso duramente e Crispi cercò di convincere Garibaldi ad assumere la guida della spedizione. Garibaldi era capo militare prestigioso, unico capace di unire sotto di se i vari schieramenti democratici (radicali e filocavouriani). Era repubblicano convinto, con qualche inclinazione socialista, si era allontanato da Mazzini per una realistica valutazione sulle possibilità di successo del Partito d'azione. Aveva così collaborato con la monarchia sabauda. Cavuor, temendo complicazioni internazionale e un rilancio dei mazziniani, era avverso alla spedizione ma non fece nulla di concreto per impedirla mentre Vittorio Emanuele II guardava con favore Garibaldi. La spedizione fu preparata in fretta e con scarso finanziamento: tra il 5 e il 6 maggio del 1860 poco più di mille volontari provenienti prevalentemente dal nord e di varia estrazione sociale, molti dei quali veterani del 48 e del 59, si imbarcarono a Quarto (GE) e sbarcarono a Marsala, accolti con entusiasmo dalla popolazione. Poco dopo, aiutate da pochi insorti siciliani, entrarono in contatto con un contingente dei borboni e lo sconfissero, seppur in inferiorità numerica: galvanizzati arrivarono a Palermo, che insorse, facendo scappare il governo borbonico e dichiarando la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II. Intanto 15.000 volontari giunsero in Sicilia e sconfissero le ultime resistenze borboniche a Milazzo. Questa impresa fu vista con simpatia dall'opinione pubblica europea e costrinse Cavour a cambiare strategia: da un lato egli voleva agevolarne l'esito (Favorendo armi e volontari in Sicilia), dall'altro tentò di bloccarne gli sviluppi con un movimento di opinione pubblica favorevole all'annessione al Piemonte, che fallì di fronte alla fermezza di Garibaldi. In Sicilia intanto i contadini vedevano la possibilità di abbandonare la situazione di sfruttamento semifeudale che gli opprimeva ma questo elemento non era preso in considerazione da Garibaldi che mirava alla costituzione di un esercito che potesse concludere la lotta con i borboni: la circoscrizione obbligatoria cozzò contro l'ostilità dei siciliani e molti contadini insorti furono giustiziati (a Bronte per opera di Nino Bixio). Poco dopo Garibaldi risalì la Calabria e conquistò anche Napoli nella quale Cavour aveva tentato invano di instaurare un movimento anessionista. Napoli divenne base dei democratici che puntavano ora allo Stato Pontificio il quale, se attaccato, avrebbe provocato la reazione francese mettendo in discussione l'assetto dello stesso regno sabaudo. A Cavour, con l'assenso di Napoleone III, non restava che l'intervento militare: impegnandosi a non minacciare il Lazio l'esercito sabaudo sconfisse le truppe pontefice mentre Garibaldi batteva i borbonici a Volturno; Cavour, emanata una legge che permetteva l'annessione di tutti gli stati che esprimessero il consenso tramite plebiscito, ottenne la Sicilia le marche e l'Umbria con una schiacciante maggioranza. Garibaldi attese i piemontesi a Teano e si ritirò poi a Caprera. Il 17 marzo 1861 il primo parlamento nazionale eletto secondo la legge censitaria piemontese proclamava Vittorio Emanuele II re d'Italia. L'unificazione di Italia fu quindi un processo dall'alto ma anche dal basso poiché coinvolse, con un ampio moto d'opinione pubblica, anche gli strati inferiori. Mancavano però all'unità completa il Veneto, il Trentino, Roma e il Lazio; destra e sinistra erano d’accordo sulla necessità del completamento ma mentre la destra promuoveva tempi più lunghi e vie diplomatiche per favorire l'inserimento dell'Italia in un contesto europeo, la sinistra restava fedele all'idea della guerra popolare. Il problema era però rappresentato sia dalla presenza del papa, difeso ancora dai francesi sicuri alleati, sia dalla grande percentuale di cattolici (99%), sia dal fatto che gli ecclesiastici erano punto di riferimento per campagne e istruzione. Cavour cercò di assicurare al papa e al clero piena libertà di esercitare il proprio magistero in cambio della rinuncia del potere temporale (libera chiesa in libero stato), ma queste richieste si scontrarono con l'intransigenza di Pio IX: così, ripresa l'iniziativa i democratici, nel 62 Garibaldi tornò in Sicilia e rilanciò il progetto di una spedizione nello Stato pontifico. Napoleone III fece capire di essere deciso ad impedire con la forza un attacco a Roma e così il Re dovette sconfessare Garibaldi dichiarando lo stato d'assedio in tutto il Mezzogiorno. Così nel '62 vi fu uno scontro sull'Aspromonte tra reparti regolari e volontari Garibaldini dove lo stesso Garibaldi rimase ferito e venne arrestato. Lo stato italiano, per ricucire i rapporti con Napoleone, promise di non minacciare i confini pontifici in cambio del ritiro delle truppe francesi dal Lazio: venne inoltre spostata la capitale da Torino a Firenze. Intanto Bismarck nel 1866 propose un alleanza contro l'impero Asburgico: nonostante le clamorose sconfitte a Custoza e a Lissa (per mare)l' Italia ottenne il Veneto ma non il trentino e la Venezia Giulia. Dopo questo conflitto Mazzini intensificò la propaganda per una rifondazione repubblicana dello stato mentre Garibaldi riprogettò la spedizione a Roma, inserendo in essa l'apporto dei volontari che si radunarono in Toscana nel 67 che avrebbero dovuto appoggiarsi a un'insurrezione romana, che avrebbe giustificato il colpo, evitando l'intervento francese. Ancora una volta però i garibaldini ebbero la peggio, sconfitti dalle truppe pontefice a cui erano accorse in appoggio truppe francesi. In seguito (1870) dopo la battaglia di Sedan (guerra franco prussiana) il governo non sentendosi più vincolato ai patti sottoscritti con la Francia mandò un corpo diplomatico e uno militare a negoziare col Papa che, benché isolato, rifiutò ogni accordo: nello stesso anno le truppe italiane aprirono una breccia a Porta pia e entrarono nella città, accolte festosamente dalla popolazione che poco dopo sancì con un plebiscito l'annessione di Roma e Lazio. Fu così trasferita la capitale da Firenze a Roma dopo aver stabilito la legge delle guarentigie (Garanzie) secondo la quale l'Italia si impegnava a garantire le condizioni per il libero svolgimento del magistero spirituale (secondo il progetto precedente di Cavour), a riconoscere il papa come un capo di Stato, a mantenere annualmente la corte papale(rifiutata dal papa). La legge attuava il principio della libertà della chiesa che, liberata dal potere temporale, ne guadagnò in credibilità e dinamicità. Il papa rimase però contrario alla politica italiana e invitò tutti i fedeli tramite il non expedit (1874) ad astenersi da ogni partecipazione alla vita politica dello Stato e in seguito compilò "il Sillabo" che conteneva un elenco di tutti gli errori ideologici del mondo moderno.[/p][p]Guerra di Crimea: la politica aggressiva del neo imperatore Napoleone III si manifestò nella guerra di Crimea nel 1853/1854 quando la Russia che aspirava ad espandersi verso il Mar Nero attaccò l'impero ottomano al quale accorsero in difesa Inghilterra e Francia, interessata a una presenza nel Mediterraneo, mentre l'alleato storico della Russia, l'Austria, rimase neutrale. La guerra si risolse con l'assedio di Sebastopoli che cadde nel 1855. Ne seguì un congresso a Parigi nel quale l'impero ottomano vide garantita la sua integrità e la Francia non ottenne nulla di concreto.[/p]

venerdì 28 gennaio 2011

ESPRIMERE L’ORA IN ITALIANO:

“ Che ora è? / Che ore sono?”
Es. 13:00 È l’una in punto./ È l’una precisa.
13: 15 È l’una e un quarto.
13:25 È l’una e venticinque (minuti).
13:45 Sono le due meno un quarto.
13:30 È l’una e mezza/mezzo.
14:00 Sono le due precise del pomeriggio.
12:00 Sono le dodici precise. / È mezzogiorno precisa.
24:00 Sono le dodici precise (di notte)/ È mezzanotte precisa / in punto.
5:26 Sono le cinque e ventisei ( minuti).
7:45 Sono le otto meno un quarto( di mattina/di sera).
9:10 Sono le nove e dieci (minuti) (di mattina/di sera).
Osservazione
Per evitare confusioni o per essere più chiari nell’esprimere l’ora si può usare:
- di mattina/della mattina/del mattino:Es. 3:00 A.M. Sono le tre di
mattina/della mattina/del mattino.
- del pomeriggio: Es. 3:00 P.M. Sono le tre del pomeriggio.
- di sera/ della sera:800 P.M. Es. Sono le otto di sera/ della sera.
- di notte/della notte:Es.1:00 A.M. È l’una di notte/ della notte./ del mattino.
Per rispondere alla domanda A che ora....?, si usa la preposizione “a “articolata o non articolata, come segue:
all’una: Es. A che ora pranzi? Pranzo all’una e mezzo/a. alle due/alle tre/ alle dieci, alle undici, ecc.: Ci vediamo alle dieci di sera.
a mezzogiorno/ a mezzanotte: Devo incontrare il mio capo a mezzogiorno.

I Numeri Cardinali

I numerali cardinali sono invariabili tranne:
- mille che ha il plurale mila: Es. Mi puoi prestare mille lire? Il libro è costato duemila lire.
- zero, milione e miliardo hanno il plurale zeri, milioni, miliardi;
- i numerali cardinali si scrivono in una parola unica ( es. trecentomila); soltanto con le parole milione e miliardo i composti si scrivono in parole separate e con la congiunzione ”e” tra i due elementi ( es. Ho guadagnato tre milioni e centcinquantamilalire);
- nelle lettere commerciali, negli assegni e nei vaglia postali la cifra si scrive unita, senza la “e”, anche con le parole milione, miliardo ( es. L. 250.649 duecentocinquantamilaseicentoquarantanove);
- quando le parole milione, miliardo sono seguite da un nome, si usa la preposizione di:
Es. Nella biblioteca c’erano circa due milioni di libri.

USO DELLE FORME c'è, ci sono


Quando vuoi esprimere l'esistenza di qualcuno o qualcosa devi utilizzare la forma c'è (se è una sola) o ci sono (se sono più di una).
Es.:
                 qualcuno in ufficio.
c'è             qualcuno?
                 un libro sul banco.
                                           (delle) persone in ufficio.
ci sono                                 delle domande?
                                           (dei) libri sui banchi.



N.B. In portoghese sarebbe il verbo "haver" nel senso di esistere . Però, in italiano esserci(c'è e ci sono- presente indicativo) si accordo in genere e numero.

Le particolarità riguardanti la III coniugazione:


I verbi in –ISC della terza coniugazione in -IRE

La maggior parte dei verbi in -ISC seguono questo modello: fra il tema e la desinenza si
inserisce l’infisso – isc- nella prima (io), seconda (tu) e terza persona singolare (lui/lei)e
nella terza plurale (loro).
Per notare chiaramente le differenze, paragonare PREFERIRE con un altro verbo
considerato regolare della terza coniugazione DORMIRE
PREFERIRE DORMIRE
prefer-isc-o                 dorm-o
prefer-isc-i                  dorm-i
prefer-isc-e                  dorm-e
preferiamo                  dormiamo
preferite                      dormite
prefer-isc-ono             dorm-ono
I verbi che seguono il modello di PREFERIRE e la cui frequenza d’uso è alta sono:
capire, finire, concepire, costruire, distribuire, dimagrire, favorire, finire, ferire, gradire,
firire, sfiorire*, colpire, fornire, guarire, garantire, gestire, impazzire, proibire,
innervosirsi, pulire, punire, restituire, riferire, seppellire, spedire, sostituire, sparire*,
svanire*, stabilire, subire, tossire, tradire, trasferirsi, ubbidire, unire, **uscire,
**riuscire.
N.B. * Da non confondere: sfiorire/sfiorare; svanire/svenire; sparire/sparare.
** uscire subisce modifiche nel tema: esco, esci esce, usciamo, uscite, escono;
** lo stesso per il verbo composto riuscire: riesco, riesci, riesce, riusciamo, riuscite,
riescono.
Alcuni verbi della terza coniugazione hanno tanto una coniugazione in –ISC, quanto una senza questo infisso, però la più usata variante e quella senza infisso:
applaudire – applaudo/applaudisco
assorbire – assorbo/assorbisco
inghiottire – inghiotto/ inghiottisco
mentire – mento / mentisco
nutrire – nutro/ nutrisco
tossire – tosso/ tossisco

Cos'è un verbo riflessivo ?

L'azione del verbo riflessivo (< lat. riflexare [riflettere]) si "riflette"  sul soggetto. L'oggetto e il soggetto sono la stessa persona. 
ESEMPI:

 io mi lavo i capelli (="io" lava i capelli a me stessa )
la ragazza si ama (="la ragazza" ama sé stessa)
tu ti pettini (="tu" pettina te stesso)
I verbi riflessivi si coniugano con le "particelle pronominali": una forma speciale di oggetto che si riflette sul soggetto stesso che compie l'azione. Ecco un esempio di un verbo riflessivo.
Vestirsi
MI
TI
SI
CI
VI
SI
io mi vesto
tu ti vesti
lui/lei/Le si veste
noi ci vestiamo
voi vi vestite
loro/Loro si vestono
= io vesto me stesso/a
= tu vesti te stesso/a
= lui/lei/Lei veste sé stesso/a
= noi vestiamo noi stessi/e
= voi vestite voi stessi/e
= loro/Loro vestono loro stessi/e
Di solito, i verbi riflessivi sono comunemente divisi in verbi riflessivi e verbi reciproci . Il tipo pronominale [per il nome] è il tipo qui sopra, già visto. Il tipo reciproco significa che l'azione è fatta reciprocamente da un soggetto (e quindi oggetto) al plurale all'altro. Siccome  il soggetto è al plurale, anche le particelle pronominali corrispondono  alla 1°, 2° e 3° p. pl. solo: ci, vi, si
ESEMPIO:

 noi ci aiutiamo (=uno/a aiuta l'altro/a)
loro si amano (=il ragazzo ama la ragazza)
voi vi guardate (=uno/a guarda l'altro/a)

Ora rispondi all’esercizio proposto :
Completa le frasi inserendo la forma giusta dell’indicativo presente dei verbi
riflessivi tra parentesi:
1. Io (dimenticarsi) __________spesso le chiavi in macchina.
2. Quando la mia mamma (arrabbiarsi) ________grida a più non posso.
3. Gli studenti (annoiarsi)_________ai corsi.
4. Giuliana (vestirsi) ___________modo
elegante.
6. Maria e Gianfranco (sposarsi) _________in maggio.
7. I miei genitori (separarsi) __________perché non vanno più
d’accordo.
8. Io e mio marito (amarsi) __________ molto.
9. Tu e Carlo ( conoscersi) __________ solo di vista, vero?
10.Perché non (sbrigarsi/voi)________?Fa’molto tardi!
11.Carlo (svegliarsi) ________ tutte le mattine alle sei per andare a lavorare.
12.Abbiamo deciso che noi (fermarsi) ____________ qui perché non vogliamo venire al
cinema.
13.Signorina perché non (sedersi) ________ qui che c’è un posto libero?

LE CONSONANTI DOPPIE


Nella grafia italiana le consonanti possono essere „doppie”. Nella pronuncia simili
consonanti sono „rafforzate” – bb; pp; cc;- ( es. dubbio, doppi, bocca) oppure sono „
allungate” – ff; rr; ss;- ( es. affatto, carro, cassa).
Le consonanti „doppie” si trovano:
a. tra due vocali: es. mezzo, fatto, allora, azzuro, ecc.
b. tra una vocale e la consonante „r” o la consonante „l”: approvare, applaudire,
ecc.
c. nelle parole composte di cui la prima componente finisce in vocale accentata:
Es. sì+come= siccome; così+detto= cosidetto; là+sù=lassù; da’+mi=dammi;
fa’+mi=fammi; di’+mi=dimmi; va’+ci=vacci, ecc.
D. N.B
Le consonanti doppie danno luogo a differenziazioni di significato. Da non confondere,
dunque:
pena-penna
sono-sonno
copia-coppia
sano-sanno
caro-carro
ano-anno, ecc.

Esercizio Preposizioni A1

Nel testo seguente mancano alcune preposizioni semplici. Scrivi al posto dei puntini la giusta forma della preposizione.Fai attenzione! Hai a disposizione le preposizioni semplici di, a, da, in, con, su, per, tra/fra.
Kamal viene da Bombay e ora vive nella campagna vicino Napoli. Invece Ramash viene dal Nepal e ora vive a Napoli, in città. Kamal e Ramash sono colleghi, lavorano insieme in un negozio …… tessuti a Napoli.Kamal lavora lì da un anno e oggi, per la prima volta, è in ritardo. Quando arriva, dice a Ramash:“Mi dispiace per il ritardo, ma oggi c’è molto traffico.”Ramash gli dice:“È vero. Io vengo …… casa e sono arrivato da dieci minuti. Eppure lo sai, non abito molto lontano. Sono solo cinque fermate di autobus. “Kamal risponde: “Io purtroppo abito fuori città e ti assicuro: venire …… Napoli oggi è quasi impossibile. Per fortuna ho il motorino.”Poi aggiunge:“Vorrei vivere a Napoli.” In quel momento entra una cliente e Kamal subito ascolta le sue richieste, poi prende alcuni tessuti, li mette …… un tavolo del negozio e li mostra alla signora. Invece Ramash non lavora più, guarda fuori dal negozio, sente il frastuono del traffico, vede le macchine ferme per strada, sospira e dice:“Io invece vorrei vivere …… campagna!”

N.B.: Rispondete e se avete qualche dubbio sono a disposizione. Buon Lavoro !

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